La Corte di cassazione civile - con la sentenza n. 2433/2024 - ha affermato che il tetto del 30 per cento fissato per la personalizzazione del danno biologico è assolutamente imperativo e vincolante in quanto stabilito dalla legge e che non è illegittima la decisione di aumentare il risarcimento senza arrivare al massimo previsto.
Alla ricorrente era stata attribuita una responsabilità concorrente nell′investimento stradale di cui era stata vittima. Tale responsabilità non derivava dal solo fatto di aver o meno attraversato una strada sulle strisce pedonali, ma dalla sua condotta imprudente di essersi avviata a piedi su un′ampia strada trafficata mettendosi in una posizione di intralcio inevitabile per i mezzi che la percorrevano. La ricorrente sosteneva, invece, l′intera responsabilità in capo al conducente dell′autotreno che l′aveva investita a causa della sua disattenzione.
La sentenza impugnata le aveva comunque riconosciuto il danno biologico con aumento del 25% per le particolari sofferenze subite nella propria vita di relazione. Quantificazione che la ricorrente contestava in quanto applicata dal giudice in misura inferiore al 30 per cento. Il motivo è stato rigettato dalla Cassazione in quanto si tratta di determinazione rimessa al giudice di merito e non sindacabile in presenza di una motivazione congrua.
L′incidenza della condotta del pedone è valutazione affidata al giudice di merito e se è vero che va commisurata allo standard di diligenza imposto al conducente è anche vero che deve tener conto del dovere di attenzione e di prudenza richiesto ai pedoni soprattutto in situazioni fattuali che sono connotate da maggiore pericolosità, come l′attraversamento di una larga strada a più corsie.
La Corte d′appello aveva individuato criticità tanto nella condotta del conducente quanto in quella del pedone costituita quest′ultima non solo e non tanto dall′attraversamento fuori dalle strisce pedonali (distanti dal punto dell′incidente 12 metri), quanto dal fatto di non aver calcolato correttamente il tempo necessario all′attraversamento in relazione al traffico esistente, finendo in tal modo per rimanere bloccata al centro della carreggiata a causa del sopraggiungere dei veicoli marcianti in senso contrario. Cosicché il conducente dell′autotreno, pur procedendo a bassissima velocità, non aveva potuto evitarla.
Sul punto della personalizzazione del danno
La ricorrente contestava poi la decisa personalizzazione del danno subito in base alle conseguenze che il sinistro aveva determinato nella sua vita tenuto conto della riconosciutale invalidità nella misura del 65 per cento. Personalizzazione applicata dai giudici per i pregiudizi estetici e funzionali e la sindrome depressiva reattiva diagnosticata a carico della ricorrente. La personalizzazione, dunque, era doverosa e pienamente giustificata, anche perché al di là della profonda e radicale trasformazione della vita individuale e sociale del danneggiato, era emersa anche una sofferenza interiore non limitata al dolore fisico. Ora, benché la vittima non avesse chiesto espressamente il risarcimento anche di tale danno soggettivo, la Corte abruzzese ha ricordato che, alla luce della sentenza n. 25164 del 2020 di questa Corte, la liquidazione del danno secondo le tabelle milanesi si fondava comunque su un sistema che incorpora nel valore monetario dei singolo punto di invalidità anche il pregiudizio morale. Quindi il danno morale subito era stato contemplato e adeguato con l′aumento personalizzato. Infatti, la Corte d′appello ha concluso rilevando che la sentenza del Tribunale, non avendo epurato la componente - insita nel punto base delle tabelle milanesi - del danno morale soggettivo, aveva provveduto liquidarlo.
Applicando altro precedente di legittimità (recato dall′ordinanza n. 7513/2018) i giudici di appello avevano precisato che si determina una non dovuta duplicazione risarcitoria in caso di congiunta attribuzione del danno biologico e del danno dinamico-relazionale. E ha poi ricordato che le tabelle milanesi - redatte prima degli interventi correttivi della più recente giurisprudenza di legittimità - prevedevano sì la liquidazione del danno dinamico-relazionale e del danno morale, ma in modo non corretto giungevano a un valore monetario complessivo sommando entrambe le voci.
Conclusioni e rigetto del ricorso
La Cassazione ha quindi confermato la decisione di appello impugnata dove affermava: 1) il danno da sofferenza interiore, certamente spettante alla vittima, benché non fosse stato espressamente richiesto, era da ritenere in realtà già liquidato dal Tribunale, proprio a causa della ricomprensione di tale voce all′interno del danno dinamico-relazionale stabilito dalle tabelle milanesi vigenti all′epoca;
2) che, in considerazione dell′età della danneggiata e della grave percentuale di invalidità permanente, trovava piena giustificazione l′aumento della liquidazione del 25 per cento a titolo di personalizzazione del danno biologico, essendosi in presenza di postumi peculiari, non ordinari e di particolare gravità per le sofferenze inflitte al danneggiato.
Per la Cassazione sbagliava quindi la ricorrente ad affermare l′insufficienza della liquidazione del danno non patrimoniale grave se questa non si attesta al massimo del 30% di aumento rispetto al punto base del danno biologico. L′adeguatezza, invece, sta nella completezza della motivazione della decisione assunta in sede di merito. Completezza che la Cassazione ha riscontrato nella sentenza impugnata che non è appunto annullabile per il solo fatto di non aver applicato l′aumento fino al tetto del 30 per cento.